Calcio

“Mai alla Juve!”

È contemporaneamente la squadra più amata e la più odiata d’Italia, non ci sono squadre o tifoserie gemellate con lei, le altre tifoserie si sfidano a chi la odia di più ma molte di queste lo fanno per darsi un’importanza che i risultati sul terreno di gioco mai daranno loro.

Posso ammettere che esistano rivalità fra squadre che competono per raggiungere lo stesso obiettivo, dunque è giustificato che i milanisti ed i loro cuginetti nerazzurri ci odino, visto che parecchie volte li abbiamo fatti piangere in campo. Faccio un po’ più di difficoltà a capire le altre rivalità ed i motivi che le hanno scaturite: vada per il Torino, che ha la fortuna di essere considerato calcisticamente grazie al fatto di aver avuto una gloriosa storia (quasi preistoria) ma soprattutto grazie al fatto di essere nella stessa città della squadra italiana più famosa al mondo; Roma, Napoli, Lazio e Fiorentina invece, si fregiano e si contendono il “titolo” di acerrimo nemico dei bianconeri in ragione di qualche sporadica lotta scudetto finita sempre appannaggio della vecchia signora. È come se volessero dire a tutti che senza la Juventus avrebbero vinto 13/14 scudetti ciascuna: ma come sempre i numeri sono lì, disponibili a tutti e oggettivamente indiscutibili; se in 100 anni di storia vinci 2 scudetti, arrivi 2 volte secondo e 4/5 volte terzo, non puoi pretendere che chi tifa Juve (ma anche Milan o Inter) ti prenda in considerazione come rivale; avete vinto meno scudetti di Bologna, Genoa e Pro Vercelli, siete più o meno alla pari di Casale, Cagliari, Verona e Sampdoria, quindi rassegnatevi: il calcio in Italia è solo Juve-Milan-Inter, il resto sono belle realtà stagionali che un anno sono al vertice e l’anno dopo si salvano per miracolo, oppure retrocedono, falliscono e per tornare prima in serie A vengono ripescate come Napoli e Fiorentina nei primi del 2000.

Tutto questo preambolo è necessario per spiegare come mai alcuni personaggi del mondo del calcio siano soliti usare la famosa: Andare alla Juventus? Io mai!

Passi Fabio Capello, uno che alla Juve c’era già stato da calciatore, che quando era allenatore della Roma si era lasciato sfuggire l’infausto commento, salvo poi essere smentito da un faraonico contratto che lo costrinse ad abbandonare la capitale di notte come il peggiore dei criminali.

Il discorso si fa più triste quando la famosa frase la citano persone che non avrebbero potuto vestire la maglia bianconera nemmeno nella stagione 2006/2007. Perché Rolando Bianchi, attaccante modesto che quest’estate si è svincolato dal Torino, deve dire una cosa del genere? Cosa gli fa pensare che la dirigenza bianconera potrebbe mai pensare a lui per l’attacco che è più scarso di Bendtner? Perché questa frase la dici solo adesso che hai 30 anni ed hai la certezza che la Juve non ti prenderà mai, mentre quando avevi 22/23 e promettevi bene non ti ho mai sentito allontanare quelle voci che ti davano come possibile obiettivo della Juve?

Della stessa pasta la sparata di Glik, anche lui difensore modestissimo del Toro: qualcuno può ricordare al polacco che la difesa della Juve è composta da tutti nazionali? La cosa su cui riflettere, comunque, è questa: lo scorso anno il Torino aveva una rosa di giocatori di basso livello con 2 giocatori sopra la media, Ogbonna e Cerci; nessuno dei 2 si è permesso di dire che alla Juve non sarebbe mai andato, addirittura Ogbonna ci si è trasferito; non mi sorprenderei di vedere anche Cerci in bianconero. Il discorso si ripete: un calciatore deve ambire sempre al massimo e se la Juventus chiama tu non rimani a Torino sponda granata ma saluti tutti e ti sposti a Vinovo; poi ci sono altri fattori, vedi Di Natale, che ti spingono a rifiutare la Juve per restare nella tranquillità della provincia. E poi ci sono Burdisso e Borriello, che la Juve la rifiutarono dopo i 2 settimi posti salvo poi rimangiarsi le mani quando i bianconeri hanno ripreso la loro strada vincente e loro 2 a marcire in panchina o tribuna; io sono uno di quelli che Borriello non lo avrei mai preso dopo il rifiuto di quella volta, il gol-scudetto di Cesena lo ha assolto solo in parte.

In un mondo, quello del calcio, in cui tutti parlano e dicono solo quello che i tifosi vorrebbero sentire, mi sento di spezzare una lancia in favore di Antonio Conte quando, su precisa domanda, ha risposto che essendo un professionista non esclude a priori la possibilità di allenare squadre rivali come Inter o Milan; molti juventini potranno averla presa come un’offesa, io invece la trovo di una sincerità importante. Ed auguro ad Antonio, semmai un giorno (spero più lontano possibile) dovesse andare ad allenare l’Inter, di emulare uno che questo percorso Torino-Milano lo ha già fatto nel 2000: era di Viareggio, fumava il sigaro e si chiamava Marcello.

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