Calcio

On the sidelines 1

Nella penombra di un lunedì mattina d’estate ti eri infilato sotto la serranda lasciata aperta per l’occasione e ti eri appollaiato sul vecchio bancone stile coloniale. “Hai letto?” hai chiesto poggiando la pagina piegata con la notizia tra bicchiere fumanti di lavastoviglie e bottiglie da riporre. Annuì voltandosi e sistemandosi il capello ribelle, somigliava dannatamente al padre ora, mi versò una pinta. “Prenderebbero perfino due perfetti sconosciuti come noi, basterebbero le giuste referenze” disse sorridendo, mentre continuava ad asciugare i bicchieri sempre con lo stesso panno. “Se hai asciugato anche il mio di bicchiere con quello straccio lercio probabilmente questa volta prendo la leptospirosi”, ripresi il giornale come per cercare qualche messaggio nascosto tra le righe. “Qualsiasi cosa sia, spero che ti faccia smettere di venire qui a scroccare da bere”. “Lasciami fare qualche telefonata, potrebbe succedere l’impossibile”.  Uscendo da quel locale odiasti l’afa di un giugno come tanti altri, uguale a se stesso, in ogni città di mare. Mirko. Lavorava in quel pub del centro per sbarcare il lunario, ex calciatore, ex soldato. Aveva preferito i campi di un’erba diversa da quella che cresce sui rettangoli verdi negli stadi. Preferiva la compagnia di donne procaci ed avvenenti ai rigori della vita da atleta. Se c’era qualcuno con le conoscenze giuste nell’ambiente per agganciare quei dirigenti impazziti, questo era lui, in tanti ancora rispettano tra gli addetti ai lavori, il suo amore per il calcio. Alla fine sarebbe toccato a te, convincerli che siete gli uomini della provvidenza.  Decidi di trascorrere il pomeriggio sui campi polverosi di periferia, dove i dilettanti prendono a calci i loro avversari più spesso di quanto colpiscano la palla. La tua R6 nera morde la ghiaia e parti, cercando di raggiungere i tuoi sogni. Mirko ti trova lì su quegli spalti a picco sotto il sole. Arriva, con in viso dipinta quella smorfia furba, gli occhi illuminati da una luce che avevi visto solo quando scagliava in porta l’ennesimo tiro imparabile alle spalle del povero portiere di turno, lì a due passi dalla serie A.  “Ora tocca a te”, un biglietto con scribacchiato un indirizzo ed un numero di cellulare.
L’indomani negli uffici di un’immobiliare locale, firmavi alla presenza di pochi dirigenti il tuo primo contratto da professionista.

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