Storie

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La traccia parte e la musica prende il sopravvento e soffia sui ricordi.
“Quando lui era giovane e magro”
“Quando tutti e due eravamo giovani e magri”
C’è qualcosa che mi tranquillizza nelle rockstar che invecchiano insieme a me e soprattutto come me.
Patience.
Siamo nel mezzo di quella stagione estiva che per gli adolescenti brufolosi è fatta di mare, amori che durano il tempo che s’impiega ad asciugarsi al sole. Di baci che ti rimangono attaccati addosso per sempre.
Tempo per rallentare alla luce del sole e poi scattare in avanti nel mezzo della notte.
Sulle panche di legno e tra i rumori delle sagre, in mezzo alle parole e alle paure, tra una birra e la birra successiva risuonano queste parole: “All we need is just a little patience. Said sugar make it slow and we’ll come together fine”.

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Per me c’è Mol, la Scuola Europea e le mille paure che sembra ti tengano bloccato nello stesso posto mentre la vita di scorre attorno. La moquette che profuma di un deodorante alla lavanda che sembra la Provenza ma con un freddo cane. Mia sorella e le sue ansie, la pasta sempre senza sale, “come ti chiami?… uno, due, tre e non sai nemmeno rispondere?”.
Ci sono tutti quegli angoli che avrei voluto voltare e non l’ho fatto per paura.
In un posto dove ti sembra di vivere in un acquario, dove tutti parlano e tu non capisci un cazzo.
Pensare a Dicembre di mollare, poi hai più paura del fallimento che della vittoria e allora tieni duro perché in fondo al cuore sai che puoi farcela.
MTV Wake Up & MTV Pure Morning.
Si ascolta November Rain e poi si esce tutti insieme.
…“Said woman take it slow and things will be just fine”…

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C’è Roma e la fermata del 649.
Le birre da Giulio e Piazza delle Province.
“Quella è la tua ragazza?”
“No, quella di un altro”
“Lo sono tutte. Prima”.
Le notti che finivano con il confondersi con il giorno.
La luce del monitor, World of Warcraft, libri sul pavimento, cartoni di pizza, Brugal e Cola.
I ricordi bruciati perché non facessero più male, quelli conservati per non dimenticare.
Le scritte sul muro di casa, la spesa in tuta, le vite che s’incontrano e quelle che s’allontanano.
Il pallone che rimbalza intorno, sul prato, sul muro, sull’asfalto sotto casa.
Sette a uno a Manchester.
“Hello”
“Se lo sapevo vi ci sputavo nel vino”.
La Stazione Tiburtina e tutti quei bus pieni di vite, qualcuna simile alla tua.
Piazza Bologna, i bicchieri presi a prestito e quelli dimenticati.
…“You and I’ll just use a little patience”…

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“Senza guinzaglio”
Il tuo sorriso, un murales, i colori che esplodono.
Quello che sappiamo solo noi e quello che nascondi anche a te stessa.
Per ogni parola gettata al vento, per ogni minuto speso, per ogni decisione che ipoteca il futuro senza farlo davvero.
Siamo anche la somma di quello che abbiamo perso.
C’è chi guida un furgone nove posti fiera come se guidasse una Ferrari.
Le cose rotte non si buttano, i micetti “rotti” e la colla bicomponente, il nastro catramato e le espressioni da fumetto. Va bene non sapere cosa accadrà domani, va bene rispondere “Perché no?”, ma quella è una canzone per una storia diversa da questa.
Le risate come i bimbi, i viaggi che “non ho viaggiato molto” e ora non vedi l’ora di stare un po’ a casa.
L’incoscienza di partire senza un luogo al quale tornare, puoi solo andare avanti, metti un piede davanti all’altro e un mattone sull’altro.
“Che lavoro fai?”
“Uno che mi piace, quindi insomma non mi sembra di lavorare anche se sono sempre stanca.”
“Ce la possiamo fare?”
“Si”
“You and I’ve got what it takes to make it
We won’t fake it, I’ll never break it
‘Cause I can’t take it”…

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