Scherma

Francesca Bortolozzi si racconta tra scherma e vita quotidiana

A margine di uno dei numerosi weekend di scherma, tra una competizione e l’altra, abbiamo raggiunto la campionessa di fioretto femminile Francesca Bortolozzi. Grande talento della scuola mestrina, tesserata inizialmente con il G.S. Mestre e successivamente con le Fiamme Oro, allenata da Giovanni Bortolaso, Francesca si è sposata, prima delle Olimpiadi di Atalanta, con un altro grande campione della scherma, Andrea Borella.

Dal carattere solare e sempre sorridente, Francesca si racconta e ci racconta la scherma di ieri e di oggi, senza peli sulla lingua. Da come vede il fioretto oggi, alla scelta della Errigo fino agli aspetti della vita privata nel difficile ruolo di mamma e maestra.

  1. Francesca, la FIE ti ha da poco onorato del prestigioso ingresso nella Hall of Fame degli atleti mondiali della scherma. Cosa hai provato alla notizia di questo prestigioso riconoscimento?

Il presidente della FIS, Giorgio Scarso, mi aveva avvisato a settembre, durante l’inaugurazione della nostra nuova palestra (la AS COMINI di Padova), che la Federazione Internazionale aveva accettato la proposta di inserirmi nella Hall of Fame. La notizia mi ha colto davvero impreparata, è stata una emozione indescrivibile anche a fronte dei tanti anni che sono passati da quando ho smesso di tirare per cui non me lo aspettavo proprio più oramai.

 

  1. Da sempre l’Italia vanta una splendida scuola magistrale di scherma di cui ora anche tu fai parte. Come è cambiata la scherma dai tempi della Bortolozzi atleta alla Bortolozzi maestra?

La scherma è cambiata da molti punti di vista.

Innanzi tutto l’ambiente è diventato molto più competitivo con gare, anche in Italia, molto stressanti. Io ho avuto la fortuna di tirare, per quasi tutta la mia carriera, con la formula dei ripescaggi, anche ai Mondiali e alle Olimpiadi. Solo dal 1994 questa formula è stata cambiata.  Ma fino ad allora, sapendo di poter contare sui ripescaggi gli atleti vivevano la gara con meno ansia di adesso.

Oggi i ragazzi vivono le loro gare con l’ansia del ranking, in maniera molto negativa. Ai miei tempi il ranking inizialmente non esisteva e anche quando fu introdotto non era così vincolante ma era il C.T. che decideva chi convocare alle gare di Coppa del Mondo o mettere in squadra. Adesso anche negli under 14 c’è la paura del ranking acuita dagli stessi genitori che vanno a vedere dove sia posizionato il proprio figlio o i bambini contro cui devono tirare senza considerare che, data la giovane età, queste classifiche sono ancora un po’ aleatorie.

Inoltre sono convinta che prima la scherma fosse più tecnica, con delle frasi schermistiche più lunghe mentre adesso, specialmente nel fioretto, c’è la tendenza ad andare l’uno contro l’altro tirando stoccate di rimessa quasi corpo a corpo. Prima si facevano molte più parate e risposte, adesso i maestri tendono ad insegnare stoccate più efficaci ed immediate alle volte a discapito della tecnica.

Fortunatamente, rispetto ai miei tempi, adesso la scherma gode di una grande popolarità sia grazia ai social sia grazie alla TV. Ci sono dei personaggi che sono emersi dall’ambiente della scherma che adesso fanno pubblicità, dei bei personaggi che ci rappresentano e che danno una bella immagine di questo sport. Ciò che è rimasto invariato è che la scherma è un ambiente sano, in cui si fa sport, ci si allena, si suda e si fa fatica e si va alle gare senza aiuti esterni.

Trillini, Vezzali e Bortolozzi medaglia d’oro a squadre alle Olimpiadi di Atlanta 1996

Passare dall’essere atleta ad essere maestra è un bel cambiamento perché quando sei un atleta di alto livello sei concentrato esclusivamente su te stesso e quindi ciò che fai lo fai per il tuo allenamento, le tue gare e la tua forma. Pertanto cerchi di non farti condizionare da ciò che ti circonda. Io, come atleta, ho avuto una carriera soddisfacente, ma bella sotto tanti punti di vista. Noi a quei tempi eravamo ragazze serene, che facevano gruppo. La nostra squadra di allora era formata da ragazze tutte forti (Trillini, Bianchedi, Zalaffi e Vaccaroni, dopo la Vezzali) che andavano in Coppa del Mondo per vincere ma che, prima e dopo la gara, stavano sempre insieme, unite da una complicità tale da darci la forza per vincere tanti campionati del mondo ed Olimpiadi di fila. Tra noi c’era una forte amicizia ed un gran rispetto reciproco. Da maestra invece ti devi mettere al servizio dei ragazzi. E’ un lavoro che fai con passione, senza la quale altrimenti sarebbe impossibile andare avanti. Il nostro, infatti, è un lavoro che non ha alcun riconoscimento ufficiale, un lavoro impegnativo dal punto di vista fisico e nervoso. E’ comunque un lavoro bello poiché si ha a che fare con dei bambini che poi vedi crescere e diventare ragazzi, e quindi ti da una forza, energia e freschezza che altri lavori probabilmente non danno. E’ comunque impegnativo perché se il maestro trasmette ai suoi allievi delle cose valide, se si è interessati a loro allora i ragazzi ti ascoltano ma altrimenti la loro fiducia non è semplice da conquistare. A questo si aggiunge la responsabilità quali educatori a cui gli stessi genitori delegano parte della loro responsabilità educativa. Io, forse perché sono anche madre, accetto comunque ben volentieri questa ulteriore sfida. Ovviamente è un lavoro senza orari, dove si è impegnati anche nei weekend per le gare. In sostanza direi che il mio è un lavoro che chiede molto e dà anche molto allo stesso tempo. Ciò che mi rattrista è notare come alle volte tra noi maestri manchi il rispetto. Alle volte ci sono dei maestri o istruttori che cercano in tutti i modi di far vincere i propri atleti. Questa cosa oltre ad essere fortemente diseducativa è anche scorretta nei confronti dei colleghi che lavorano seriamente mettendo una ingiusta pressione sugli arbitri che disapprovo completamente. L’etica professionale dei maestri deve essere messa al primo posto.

  1. Come vedi il futuro del fioretto?

Mi auguro che il fioretto non venga appiattito e ridotto ad una scherma solo fisica.. Purtroppo anche la convenzione sta perdendo dei punti fermi che prima aveva, bisogna capire le azioni e discernere tra un vero attacco, una provocazione, un invito ed una parata. Mi auguro quindi che si riprendano le redini della convenzione perché oggi ci sono assalti che in ambito internazionale vengono arbitrati in un modo differente da come avviene in Italia.

  1. Cosa pensi della difficile scelta di Arianna Errigo, campionessa affermata nel fioretto, di intraprendere un percorso parallelo in un’arma differente come la sciabola?

La scelta di Arianna Errigo è un argomento molto dibattuto. Io, con il mio carattere, tendo a fare una cosa per volta ed a farla bene. Arianna è una grande campionessa di fioretto e mi auguro che tirando di sciabola non perda la concentrazione nell’arma in cui eccelle e che, per fare due cose, non ne faccia bene nessuna o che comunque non trascuri l’arma per cui io la vedo più predisposta. Probabilmente la cosa dovrebbe essere gestita a livello federale.

Francesca con la figlia Claudia, atleta del C.S. CARABINIERI

  1. Hai il duplice ruolo di mamma e maestra nei confronti delle tue figlie Claudia e Laura. Come vivi questa situazione?

Questo duplice ruolo è veramente difficile. Quando vedo i genitori a bordo pedana in agitazione e con i volti tirati nel seguire i propri figli mi domando sempre chi glielo faccia fare visto che loro possono contare sulla presenza dei maestri.

Con Claudia sono io quella delegata a seguirla perché Andrea (Borella) si agita troppo mentre io sono la più “controllata” della famiglia e quindi sono io a fondo pedana che cerco di mantenere una espressione quanto più rassicurante possibile come madre ma, allo stesso tempo, cerco anche di rimanere obiettiva come maestra nei confronti dell’assalto. Per cui la cosa è abbastanza complicata, dovendo anche modulare bene i toni della voce con cui dò i consigli a Claudia perchè se altero il mio tono lascerei trasparire quello di madre che non verrebbe accettata. Devo dire però che anche il suo ruolo di figlia quale figlia di Bortolozzi e Borella non è alquanto semplice poiché è sempre stata guardata da tutti con occhio critico sia che vincesse sia che perdesse.

Con Laura, che ha iniziato più tardi e che quindi manca ancora di esperienza,  ho più difficoltà a seguirla perché sono molto più protettiva nei suoi confronti e pertanto cerco di farla seguire da uno dei nostri istruttori ed io resto a guardarla da lontano, così soffro di meno.

Il lato positivo di questo doppio ruolo è che sia io che Andrea passiamo molto tempo con le nostre figlie, frequentando sempre la palestra e condividere insieme certe emozioni è molto bello. La palestra è ormai una succursale di casa nostra e l’atmosfera familiare coinvolge un po’ tutti.

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