Storie

Feritoie del Pallone – Martina Cacciola

Vorrei che coloro che mi hanno insegnato a sognare sapessero che io continuo a farlo.
E che non ho intenzione di smettere.

Jorge Alberto Valdano Castellano 

BAGNARA CALABRA, CALABRIA…..MAGIA DEL FUTSAL

Bagnara Calabra, poggia sulla Costa Viola, a un soffio di vento dallo stretto di Messina. La Natura qui è in festa e irradia il meglio di sé, soprattutto al forestiero.  La Calabria, un po’ come tutto il  Sud, è una terra che, supera ostacoli e difficoltà secolari, e li trasforma in bellezza e generosità. Mi trovo qui da qualche giorno e non me ne andrò a breve; in questa meraviglia, ho la presunzione di voler scavare fino alle radici profonde che alimentano la passione per il futsal. Sono ai piedi dell’Italia, alle sue radici più vere. Qua, tutto di noi occidentali è fiorito. E’ il sud la culla della nostra cultura, che ogni giorno, più saliamo a nord del mondo e più rinneghiamo.  Noi ormai abili solo a issare i muri dell’ignoranza e dell’intolleranza globale.  Eppure, se solo volto l’occhio allo sport, scorgo nella Magna Graecia l’origine dei Giochi Olimpici e proprio qui in Calabria i primi e unici campioni senza tempo: Eutimo di Locri vincitore di tre olimpiadi nella categoria del pugilato o Milone di Crotone, l’atleta più forte di tutti i tempi, lottatore e pugile con sei olimpiadi vinte! Siam lontanissimi nel tempo eppure l’eco di quei “miti” scorre nelle vene degli sportivi calabresi. Martina Cacciola nasce a Scilla ma la sua famiglia ha le proprie radici a Bagnara. A piedi nudi cammino su questa spiaggia e aspetto Martina per farmi condurre nella sua storia. Vago e mi perdo nel “mito della bagnarota”; il sito del comune di Bagnara lo descrive :

“ Vini di Scilla, zafferano di Cosenza e donne di Bagnara dice, non a torto un proverbio Calabrese; le donne a Bagnara sono di una bellezza meravigliosa: non di quella greca, fredda, imponente, seria fatta per troneggiare, ma di una bellezza bruna, fiera e inquieta. Statuarie, alte diritte, vestite di cotonina, semplicemente, ma pulitissime, forti ed energiche , queste donne rappresentavano e rappresentano la parte  più viva della popolazione bagnararese. Il piccolo commercio era nelle loro mani, ed in esso erano avvedutissime ed infaticabili…..” .

Assorto nella storia, mi sento chiamare. Volto lo sguardo, vedo avanzare Martina e per un attimo è come se la statua della Bagnarota dello scultore Amelio  avesse preso forma. Martina mi fa cenno di sederle accanto, sguardo rivolto al mare infinito; le sue prime parole sono i ricordi legati a Bagnara e al suo amore per il pallone; “Qui a Bagnara è nata la mia più grande passione. Quando ripenso alla mia infanzia le due immagini che mi vengono subito in mente sono: la palestra della scuola media e la piazza che affaccia  sul mare, detta piazza Lido. Nella palestra della scuola media, ho iniziato a tirare i primi calci ad un pallone. In  piazza invece, ho affrontato le mie prime grandi battaglie calcistiche, circondata da soli ragazzi. Tutto ciò  non mi spaventava; a casa con un fratello e tre cugini ero circondata  da soli maschi. Tra me e il pallone è stato amore a prima vista; ricordo ancora quando papà mi portava con se alla  scuola calcio, mentre lui  allenava i ragazzini, non aveva ancora aperto la porta di casa e già mi trovava lì con il pallone sotto braccio ad aspettare che esclamasse: “Dai Martina andiamo!” Eccome se andavo ed ero la più piccola la in mezzo al campo”. Gli occhi grandi di Martina si riempiono di gioia nel ricordare quei giorni, il suono del mare l’accompagna, io non la interrompo: “Ricordo come se fosse adesso, la prima convocazione con i “piccoli amici”, si disputava un torneo al campo sportivo del mio paese, il terreno di gioco ancora oggi come allora in terra battuta, era bagnato per la pioggia e pieno di pozzanghere, caddi dentro per lo sgambetto di un bambino e la divisa bianca con la quale giocavamo cambiò di colore…”.  Martina ride al solo ricordo di quell’episodio. Per molti bambini il tuffo nelle pozzanghere è un po’ come un rito d’iniziazione al gioco del calcio….o forse lo era… visto il proliferare dei campi in sintetico. Bagnara dal racconto di Martina sembrava pervasa letteralmente da palloni e tornei. Martina non se ne perdeva uno ed era sempre protagonista: “si organizzavano dei tornei tra rioni, i miei compagni preferivano chiamare me per giocare piuttosto che altri ragazzi. Ettore, il mio migliore amico diceva sempre se non c’è  Martina io non gioco e con lui anche gli altri amici; Riccardo e Giovanni detto “nocciolina”.

Cacciola

MARTINA, LA SUA FAMIGLIA

Il pallone, una passione vera, per niente scalfita dai passaggi sportivi fatti da Martina, tra la danza e la pallavolo, una passione senz’altro nutrita da un ambiente familiare che ama il calcio. Siamo in completo relax e posso chiedere a Martina della sua famiglia.  La porta di casa si apre.  Martina narra. Orgogliosa della sua famiglia e allo stesso tempo ha occhi velati da una vaga malinconia; un ricordo amoroso della nonna: “…la nonna che si affacciava dal balcone di casa e mi chiamava mentre ero persa con il pallone ed io seppur un po’ controvoglia, senza dire una parola a capo chino mi dirigevo verso la porta di casa…..la nonna che mi diceva sempre di “aprir la porta di casa” alle le persone meritevoli, una nonna che purtroppo non c’è più ma che è sempre con me attraverso gli insegnamenti di vita che mi ha donato”. Gli occhi di Martina si inumidiscono, il riflesso del mare li rende luccicanti, la sua voce si spezza quando aggiunge: “anche il mio più gran tifoso purtroppo non c’è più! E’ trascorso appena un  anno dalla sua scomparsa improvvisa che ha lasciato tutti incredulimio zio Rocco. Lui si che mi manca tanto! Lui che sugli spalti con il cellulare in mano, non smetteva mai di scattarmi scattarmi foto”. Martina si ferma un attimo, un respiro profondo e un sorriso le solca il viso, la famiglia è tutto per lei anche nell’appoggio datole per sviluppare la sua passione: “Mamma e Papà sono due vigili urbani, entrambi appassionati di calcio in generale, ma in particolare del calcio a 5, tant’è che gestiscono una squadra che disputa il campionato UISP provinciale, dove io ho giocato prima di approdare alla  Pro RegginaMamma è la mia prima tifosa ma ha un piccolo difetto che è interista, il resto della famiglia è tutta juventina quindi lascio immaginare gli sfottò reciproci ad ogni sconfitta della squadra del cuorePapà non lo da a vedere ma è molto orgoglioso di mesa darmi sempre i giusti consigli alterna con tatto, i rimproveri ai complimentiE poi zia Lellè che assieme a mia nonna ha contribuito alla mia crescita e adesso non si perde nemmeno una partita casalinga”.

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NASCITA DEL PORTIERE CHE E’ IN MARTINA

Martina fin da piccola è un talento d’attacco, di quelli predestinati a far sfracelli eppure adesso è uno dei migliori portieri italiani del futsal femminile. Mentre il mare ci fa compagnia sotto un sole così vicino, Martina  spiega la sua metamorfosi: “Mamma e papà decisero  di aggregarsi alla squadra del paese AC Bagnarese e oltre alla squadra maggiore femminile crearono anche la scuola calcio a 5 femminile. Inizialmente ne facevo parte, poiché per via dell’età non potevo disputare il campionato con la squadra maggiore e giocavo in attacco. Ricordo ancora, era una domenica mattina, si giocava al campetto comunale di Bagnara Calabra; Olimpia Bagnara – Melito il matchIn quella partita mi dovetti sacrificare in porta. Nell’altra squadra giocava “una certa Pamela Presto”.  Quel giorno mi superaiparai tutto, nonostante quello non fosse il mio ruolo naturaleCosì a fine partita Pamela si complimentò con me e mi chiese di andare a giocare alla Pro Reggina con lei (allora la Pro Reggina disputava sia il campionato di Serie C di calcio a 11 che il campionato di Serie C di calcio a 5). Era l’anno 2010 io ancora andavo a scuola, frequentavo l’ultimo anno di liceo scientifico e per questo motivo rifiutai la proposta fattami da Pamela. Preferivo finire gli studi e continuare a giocare per la squadra del mio paese”.

La metamorfosi sportiva di Martina era però avviata e il percorso da fare già tracciato, con Pamela Presto ancora parte attiva come racconta Martina: “Un sabato mattinamentre ero a scuola arrivò il bidello dicendo che ero autorizzata ad uscire. Mamma mi aspettava. Oltre a mia madre c’era Pamela con il foglio del tesseramento in mano pronta a farmi firmare in fretta e furiaperché quel giorno stesso scadevano i tesseramenti. La Pro Reggina aveva necessità di un portiere, per affrontare il ritorno della semifinale di coppa regionale persa all’andata contro il CatanzaroIl giorno seguente avrei dovuto giocare la gara di ritorno. Così fu! Ebbe inizio la mia avventura alla Pro Reggina nel nuovo ruolo di portiereVincemmo sia la coppa regionale sia il campionato, che ci consentì la partecipazione di diritto al primo storico campionato nazionale femminile l’anno successivo”.

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LA MAGIA DELLA PRO REGGINA E UN PENSIERO A “SISSI” TROVATO MAZZA

Da quel momento ad oggi Martina ha bruciato le tappe, lei nata solo il 24 marzo 1992.  Quando le chiedo come abbia fatto, i suoi occhi sembrano perdersi nel vuoto: “Nel settembre 2011 decido di disputare il campionato di serie A con la Pro Reggina, insieme a me nel ruolo di portiere c’è “Sissi” Trovato Mazza. Ci tengo a interpellarla poiché in questo momento Sissi si trova in un centro a Crotone, in coma in seguito ad un colpo di pistola e del quale ancora non si sanno le cause”. Lo stomaco mi si chiude in un moto di rabbia solo al ricordo dell’episodio. Dal primo novembre 2016, “Sissi” 28 anniagente penitenziario nel carcere di Venezia, è in coma. Da quel giorno l’esercizio più bieco e naturale dell’uomo, ha dato fiato alle più varie e disparate ipotesi, senza conoscere niente della persona. Sissi ancora “dorme” in attesa di giustizia. Nel nostro Paese, certi ambiti vicini comunque allo Stato, sono sempre ammantati da un velo sottile ma impenetrabile alla luce della verità. La verità non è opzionale, la verità è un dovere e non dobbiamo mai smettere di far rumore per farla emergere. Del fatto dalla fine del 2016 non conosciamo gli sviluppi, nessuna fonte d’informazione nazionale più ne parla. E non è giusto! Riapro gli occhi dopo questo sfogo interiore e gli occhi e le parole di Martina mi danno coraggio; è il viaggio che si accende dal suo racconto che m’incoraggia. La Pro Reggina con Sissi e Martina, inizia l’avventura nel primo campionato ufficiale di A femminile: “Partimmo con l’obiettivo della salvezza” sottolinea Martina: “Ricordo la prima partita di campionato contro il Pescara, al  Palarigopiano. Sul pullman durante il viaggio ci chiedevamo se qualcuno avesse portato i sacchi neri per raccogliere tutti i gol che avremmo preso in quel match. Beh vincemmo con un gol di scarto. Lì iniziò il nostro sogno chiamato scudetto”.  Segui’ la vittoria della Supercoppa nella stagione successiva.

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MARTINA E CHRON

Martina  però viene messa a dura prova dalla vita, che le pone davanti ciò che ora è divenuto la sua forza: il morbo di Chron. Ancora una volta Martina riesce a farmi perdere tra i pensieri, quando con voce serena mi dice: “Io dico che non sarò mai sola perché con me ci sarà Chron”. Guardo il mare ma non lo vedo. I miei ricordi si addensano; mia sorella su un letto di ospedale, il suo ventre gonfio e la paura di un imminente intervento chirurgico. Il morbo di Chron, è una malattia cronica di quelle cosiddette autoimmuni e che io immagino bastarde perché figlie del nostro sistema immunitario, che un giorno decide quasi per dispetto di attaccare le pareti dell’ intestino, senza un motivo. E’ una malattia bizzarra, mia sorella la tiene ormai sotto controllo da anni; ma alla sua prima manifestazione decide di farsi notare con forza. Così accade anche a Martina. “Chron” mi dice “è venuto fuori dal nulla, così improvvisamente. Ricordo che mi trovavo a Siracusa a disputare una partita di campionato con la Pro Reggina.  Un calcio nella zona destra dell’addome dopo un contrasto con un’avversaria. Un colpo forte ma subito mi rialzai velocemente dopo l’assistenza del dottore, per continuare a giocare. Finita la partita, felice per la vittoria, me ne andai a far la doccia. Ricordo che salii sul pulmino con cui viaggiava la squadra. A un certo punto accusai delle fitte forti all’addome e brividi di freddo. Ci fermammo al pronto soccorso di Siracusa, mi visitarono e mi mandarono a fare una ecografia dal ginecologo.  Pensavano, fossero interessate le ovaie ma dagli esami strumentali tutto risultò nella norma.  Un antidolorifico via flebo e subito dimessa. Arrivai a casa con la febbre a 40, vomito, diarrea e ancora dolori all’addome. Non riuscivo nemmeno ad alzarmi dal letto. All’inizio si pensava fosse un virus intestinale.  Ma i giorni passavano e la situazione non migliorava.  La mia dottoressa,  insospettita, mi mandò a fare le analisi del sangue. I Globuli bianchi erano 16000; un’ infezione era in atto. Seguirono mesi difficili, lontana anche dai campi. Dopo diversi esami venni ricoverata per una settimana al reparto di chirurgia generale di Reggio Calabria. Qui dopo una rettoscopia, una Tac a contrasto, ecografie e prelievi,  trascorsa una settimana vengo dimessa con la  seguente diagnosi: trauma addominale. Tornai a casa, ma il giorno seguente i dolori lancinanti e la febbre alta riapparvero. Nessuno riusciva più a capire cosa stesse accadendo. La dottoressa provò a somministrarmi diversi antibiotici per attenuare il dolore e l’infezione. Alla fine individuò un antibiotico che riuscii a farmi star meglio….ma solo per poco. Per circa un mese e mezzo mi sottoposi ad ogni tipo di analisi, dopodiché decisero di intervenire chirurgicamente con una laparoscopia ispettiva. Nel frattempo però i valori ematici erano tornati normali e il chirurgo decise di rinviare il mio intervento alla vigilia di Natale. Un’odissea alla quasi posi fine, assumendomi la responsabilità di uscire da quell’ospedale grazie anche all’appoggio dei miei genitori. Ebbi coraggio in quel momento e solo oggi son certa di aver fatto la scelta giusta. Mi sentivo bene e l’occasione di andare a giocare nella Lazio mi dette grande forza; la quiete durò un anno però. Ero a Fiano Romano e i dolori ripresero nuovamente; mi recai all’ospedale situato a Monterotondo, altra ecografia e altra Tac. Rispetto all’anno prima la situazione non era peggiorata e anche la diagnosi confermava ciò che un anno prima il chirurgo di Messina aveva prospettato: sospetta ileite, alias morbo di Chron. Un gastroenterologo dell’ospedale Sant’Andrea dopo le dovute analisi, mi confermò la malattia cronica. Ancora oggi sono seguita da questo specialista. Così da un anno e mezzo prendo ogni 15 giorni un farmaco biologico che mi inietto io stessa. Crohn mi ha reso una persona più forte e più combattivaAdesso sto bene, se non fosse che ogni 15 giorni devo “bucarmi”, nemmeno ci farei caso alla mia malattia. Crohn è mio amico, io cerco di trattarlo bene così lui non si arrabbia. Non mi rende una persona diversa anzi, non mi ha impedito di fare nulla. Il peggio è passato!” Sorride felice Martina che grazie al suo carattere ma anche allo sport è riuscita a tenere a bada un “ospite” dispettoso.

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LA FINE DEL SOGNO “LAZIO” E LA MAGIA DELLO SPORTING LOCRI

Martina nel primo anno alla Lazio è giovanissima e ha davanti a sé portieri d’esperienza come  la nazionale portoghese Ana Caterina e una delle italiane più forti: Sara Giustiniani. Martina prosegue nella sua crescita e ritrova le sue compagne calabresi: il capitano Pamela Presto, Marcella Violi, Valentina Siclari. Il secondo anno la porta della Lazio è sua, in una squadra rinnovata che comunque centra la semifinale scudetto con Martina protagonista. Ma è quasi un sogno di mezz’estate, la Lazio non si iscrive al campionato. Martina racconta: “Una volta che ci è stato comunicato che la Lazio calcio a 5 femminile non si sarebbe iscritta al campionato successivo ci siamo trovate tutte un po’ spiazzate. Era fine maggio, la mia volontà era quella di rimanere a Roma anche per via della cura che stavo seguendo. Mi sono arrivate diverse offerte che ho valutato e tenuto in considerazione fino alla fine. Non c’erano più le condizioni per rimanere lì ed ho accettato l’offerta dello Sporting Locri. La mia famiglia stava attraversando un momento delicato e la possibilità di potermi riavvicinare a casa non me la sono fatta sfuggire, in più il desiderio di portare in alto il nome della mia Calabria ha fatto il resto”.

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UNA MAGIA CHIAMATA SPORTING LOCRI

Già in uno dei primi miei viaggi, avevo incontrato Sara Borello una delle giocatrici simbolo di questo gruppo che compone lo Sporting Locri. Eravamo alle prime battute del campionato ma Sara credeva in qualcosa di magico che poi è diventato realtà. Martina definisce così la magia di questa squadra: “Io credo che la magia di ciò che stiamo vivendo sia figlia dell’incoscienza. Mi spiego, siamo un po’ come un bambino piccolo che fa quello che più gli piace senza pressioni, un bimbo libero, inconsapevole dei risultati, che ottiene giorno dopo giorno, mese dopo mese. Siamo un gruppo nuovo e nonostante questo si è creato un bell’ambiente. Viviamo tutte in un complesso residenziale; questo ci ha permesso di conoscerci meglio, di costruire un buon rapporto tra di noi. Anche la Società è nuova e il presidente Zadotti ha messo nelle condizioni ideali tutti i suoi collaboratori, per poter fare un ottimo lavoro. Ha tante idee per questa squadra il Presidente, è un uomo altruista, intelligente e caparbio. Non ci ha mai fatto mancare niente. Lo dico spesso al Presidente scherzando, ci tratti come delle figlie. Lo staff è qualificato, il DS (Valentina De Leo) sta facendo tanta esperienza e sta crescendo insieme a noi durante questo anno, la squadra l’ha costruita lei e anche a lei vanno i giusti meriti. Siamo un po’ una grande famiglia e la passione che abbiamo ha coinvolto anche la gente di Sant’Andrea Apostolo dello Ionio, sede delle nostre partite casalinghe.

TRA RUOLO, MITI E TINTE AZZURRE

La stagione magica dello Sporting Locri, tinge d’azzurro la maglia di Martina: “Questa è la terza convocazione dopo il ritiro di Genzano a ottobre, la convocazione per il torneo internazionale in Spagna e  adesso quest’ultima arrivata proprio ieri. Io credo che la scuola italiana sia una tra le  più complete e le più competitive. Ho dei riferimenti; ho avuto la fortuna di conoscere personalmente Mammarella, senz’altro il portiere più forte al mondo. Spesso ci scriviamo e non smette mai di regalarmi consigli e lo ringrazio perché spende sempre belle parole nei miei riguardi. In campo femminile, il portiere a cui mi ispiro è la mia prima compagna di stanza in nazionale Marika Mascia. Marika è il portiere per caratteristiche tecniche a cui mi avvicino di più, per me lei è il classico portiere di calcio a 5.  Ho anche avuto la fortuna di allenarmi con lei e vederla da vicino, ho potuto rubarle con gli occhi anche qualcosa. Con lei mi diverto molto; è stata la prima persona che si è complimentata con me non appena saputo della convocazione per il torneo in Spagna. La stimo sia come portiere che come persona. Il mio, è un ruolo di grande responsabilità, si sa ed è noto che un errore del portiere può costare caro.Io mi carico volentieri di tutte le responsabilità, non ho paura di sbagliare perché è proprio dagli errori che si impara. Io in porta mi sento libera.”

Cacciola

E’ una libertà guadagnata e sudata quella di Martina, per la sua storia personale e i sacrifici fatti. Martina, dopo questa bella chiacchierata si avvia a ritagliare un po’ del suo tempo per dedicarlo agli studi universitari in Scienze Motorie. Anche la Nazionale l’aspetta per lo stage. Lei adesso sa di esser libera, proprio come il vento che accarezza la Costa Viola e porta in alto i sogni suoi dello Sporting Locri e di tutta la Calabria.

Io proseguo nel mio viaggio, anch’io ispirato da questo senso di libertà che respiro in queste terre.

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