Football Americano Femminile

Oltre le Alpi

Mi chiedono spesso di editare un testo, non è mai semplice portare delle modifiche ai ricordi e ai pensieri di altri, cerco di farlo con il massimo rispetto per la sensibilità di chi ci affida pezzi di vita così preziose. I corsivi che leggerete nel testo sono i miei, li ho immaginati come una voce fuori campo, un po’ come se raccontassi a qualcuno che nulla sa di football americano la vostra storia.
Mauro.

Oltre le Alpi

Sabato 6 agosto.
Off season, lunghissima, come sempre, è iniziata da poco e già ne abbiamo abbastanza.
Terminata la prima storica partita della Nazionale Femminile di Football Americano, è ufficialmente iniziato quel periodo di tempo che ci separa dal prossimo campionato, quello che durerà all’incirca otto mesi.
Questa lunga dilatazione del calendario, il numero troppo esiguo di partite ci lascia in dono otto mesi di soli allenamenti, spesso ai margini dell’attività maschile. Non ci troviamo proprio a nostro agio, tanto da sperare di riuscire a giocare quante più partite possibili, magari anche amichevoli, che ci aiutano e non poco a tenere il morale alto nei lungi mesi al freddo e al gelo prima di arrivare nei mesi più caldi dell’anno e se sei fortunata e brava forse disputi 5 partite.
Spesso questo non è possibile: costi, distanze e l’amatoralità dello sport, limitano molto le occasioni per mettersi atleticamente e tecnicamente alla prova.
Voglio raccontarvi però, questa volta, di come, spesso la volontà e l’impegno siano sufficienti a rendere concrete nuove occasioni, per noi donne che pratichiamo il football americano e per il quale siamo disposte ad affrontare, volentieri, mille sacrifici.
Non sono riuscita a partecipare, per alcuni dei motivi di cui vi ho appena parlato, alla partita andata in scena il sei agosto, un sabato caldo d’estate. La prima partita internazionale di un team femminile italiano. Il One Team, per l’occasione “& Friends” incontrava la Danube Dragons.
Potrei quindi al massimo raccontarvi di com’è restare a casa, non credo però che sia una storia molto interessante, per questo ho pensato di raccogliere parole e pensieri di chi ha preso parte all’incontro, cercando di raccontare attraverso gli occhi dei coach e delle giocatrici questa nuova avventura.
Vi ringrazio per la disponibilità e lascio spazio alle vostre parole.

Paolo Sonzogni – Head Coach Sirene/One Team 
Vorrei spendere subito due parole per raccontarvi che il progetto One Team & Friends nasce dall’incontro casuale con Christian Weichhart, team manager dei Danube Dragons, durante un allenamento delle ragazze. Due frasi di convenevoli e poi subito quasi in contemporanea ci siamo detti: “perché non organizziamo qualcosa tra le due squadre?”
Non è affatto semplice in un primo momento organizzare un evento di questo tipo, i coaching staff in parte impegnati nelle Final Four maschili in Polonia, noi in finale di stagione e prossimi alle vacanze, loro con una stagione ancora da iniziare.
Le Dragons accettano però di venire a giocare a Milano e allora posso dare il via alla macchina organizzativa.
Riflettendo sull’importanza e sull’unicità dell’iniziativa decido di condividerla con tutte le altre squadre italiane, le ragazze se lo meritano.
Un gruppo di ragazze aderiscono all’iniziativa, grazie alla lungimiranza dei loro coach e dirigenti, arrivano dalle Vibrie Salento, Chimere Ferrara e da Lazio Marines e si uniscono al nucleo One Team.
Si parte con un allenamento congiunto il venerdì prima della partita anche se i playbook sono distribuiti con ampio anticipo.
Arriviamo alla partita dopo essere riusciti ad organizzare il tutto, trovare un campo disponibile è sempre un’impresa, crew di arbitri venuti per amicizia, medico, ambulanza ed un gruppo meraviglioso di volontari per la logistica dalla tracciatura del campo fatta con del nastro, costo di 50€, alle altre incombenze necessarie alla riuscita della partita. (Paolo ad avere questa informazione in anticipo ne avremmo fatto un “meme” ndr)
La partita di per se esprime un grande equilibrio in campo, grandi difese ma anche grandi giocate in attacco ed è la prima volta che le atlete italiane giocano nella versione 9vs9.
Quello che però alla fine risulta essere più importante, al di là del punteggio 0-6 per Dragons Ladies allo scadere del tempo, è lo spirito e la voglia con cui ci siamo messi tutti in gioco per vedere qual è il nostro reale livello in un contesto che non sia la nostra cerchia ristretta di squadre, la volontà di evolvere verso un football più articolato e non ultima soddisfare la fame di football che le ragazze hanno.
Sicuramente una delle cose più importanti che portiamo a casa tutti è il riconoscimento da parte dell’Head Coach di Vienna sul nostro livello tecnico, cito le sue parole: “potreste giocarvela testa a testa con le squadre più forti del nostro campionato”.
Concludo con la consapevolezza di aver partecipato ad una grande festa per il football americano femminile che ha bisogno di giocare e confrontarsi il più possibile con realtà diverse. Ancora un ringraziamento speciale all’organizzazione che si è adoperata per realizzare al meglio l’evento ma grandi soprattutto le ragazze One Team e di tutta Italia per lo spirito messo nel voler aderire e giocare questa partita.
Quasi dimenticavo, “One Team & Friends” è stato il primo passo di un progetto che darà alla luce altri eventi di sicuro interesse, si è stabilito un collegamento sportivo tra Vienna e Milano, stiamo già progettando il futuro, al quale molto probabilmente si aggiungeranno altre realtà.

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Alice Menaballi – Pirates/Chimere
La mia partita è iniziata giovedì sera quando, dopo una settimana di straordinari al lavoro escogitati per poter avere quell’agognato permesso di uscita anticipata che mi avrebbe permesso di arrivare in tempo a Milano per l’allenamento del Venerdì pre-partita, sono finalmente riuscita a guardare gli schemi di attacco e difesa.
L’una del mattino, mi guardo intorno, la borsa è pronta.
Simo che dorme e io nel letto a fissare nella testa le chiamate di gioco e penso.
Penso al fatto di aver chiesto di giocare in difesa, perché è lì che mi sono allenata nell’ultimo mese e perché sono convinta che non si possa improvvisare un attacco con persone che non hanno mai giocato insieme.
Penso alla spalla da poco riabilitata.
Penso al ginocchio che mi dà sempre fastidio.
L’alba arriva senza avvertimi, sembrano passati pochi minuti ed già mattina.
Doccia e altra giornata frenetica al lavoro saltando la pausa pranzo sempre per poter uscire prima.
Finalmente si salta in macchina e si punta in direzione Milano anzi Gorgonzola sperando di non rimanere incastrata in tangenziale.
Arrivo in perfetto orario, pronta per l’allenamento.
Mi guardo intorno,  vedo molti visi amici ma pochi che conosco davvero; sapevo già che non avrei avuto vicino le mie compagne di squadra a parte Ambra che arriverà più tardi.
M’attraversa la mente quella sensazione di sentirmi un po’ un pesce fuor d’acqua, dura solo pochi minuti. Siamo tutte donne innamorate del “nostro” football americano altro che principe azzurro, caro coach Maurizio Colombo.
Neanche il tempo di riscaldarsi e arriva la conversazione che già aspettavo.
Coach Maurizio: “Aly so che hai chiesto di giocare in difesa ma…”
Io: “Si ho capito gioco dove avete bisogno, l’ho scritto solo perché mi sono allenata in D (D, sta per difesa per quelli che ci leggono ma praticano altri sport) nell’ultimo mese
Coach Maurizio: “Ok, giochi in attacco. Tanto lo sai è come andare in bicicletta”.
Tornassi indietro non cambierei questa conversazione per nulla al mondo, ho giocato Slot (ricevitore sempre per il discorso di cui sopra) nel primo quarto e poi RB (Running back, si sono sempre io che m’intrometto) dal secondo quarto alla fine e mi sono divertita come non mai.
Ero euforica e saltellavo in side line come una bambina iperattiva.
Il gioco? Una spread offense con linea a 3, 4 WR e un Tailback più il Quaterback fa 9, si abbiamo giocato a 9, ed è questo che ognuna delle ragazze ripeteva ma me ne sono accorta solo dopo un po’ che per loro non fosse la normalità. (La spread offense è un tipo di attacco, come se giocaste 4-3-3 a calcio però senza i difensori. WR sta per ricevitore e il Tailback è un RB, però fa figo e un sacco College Football).
Da qui ho capito quanto sono fortunata a potermi allenare a 9 coi ragazzi dei Pirates e che non è lo stesso per le altre giocatrici. Ho capito che noi ragazze possiamo farlo e spero fortemente che il nostro campionato possa crescere e ambire ad un livello superiore in un molto, molto prossimo futuro.
Che dire poi delle austriache che sono scese in campo in 9 ma in side line erano poche di più e comunque hanno retto tutta la partita folgorandoci alla fine con una corsa della loro imponente QB #33. Grosse certo, fisiche ma non tutte colpitrici, ben disciplinate non si sono scomposte in difesa nonostante le trap (Che non è Giovanni Trapattoni in una delle sue improbabili pubblicità in tedesco. La trap è un blocco sulla linea di attacco portato da un giocatore della linea che arriva dalla direzione opposta alla corsa. Ora che mi leggo forse sono stato meno chiaro di Alice, però vi allego un disegno) e le variazioni di gioco.

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Se questo incontro può essere considerato un indice del livello europeo possiamo sicuramente ben sperare di poter prendere parte anche noi alla competizione, impegnandoci ovviamente in prima linea nel progetto nel caso in cui verrà portato avanti dalla federazione.
Ringrazio la dirigenza del One Team per averci offerto questa opportunità, coach Maurizio per avermi dato fiducia in attacco e tutte le ragazze che hanno combattuto al mio fianco con caschi diversi ma con la stessa passione nel cuore.
Infine il mio pensiero non può che andare ai Pirates, sono sempre con me in campo e fuori e sugli spalti si fanno sentire.

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Eleonora Sonzogni – Sirene/One Team
La partita di sabato è stata una meravigliosa esperienza. Ho avuto l’occasione di crescere come giocatrice e di poter giocare al fianco di quelle che in campionato sono delle nostre avversarie. Menzione speciale per Carlotta, non perché le altre siano da meno, semplicemente perché giochiamo nello stesso ruolo e la considero una tra le più forti in Italia. Giocare con lei e l’altro mio DE (che sta per Defensive End, tipo uno che gioca in difesa, tipo un Chiellini) preferito Regi mi ha davvero entusiasmato molto. Partita equilibrata, le difese hanno dominato e , giocandoci, il fatto di aver concesso poche yards è stato un bel risultato. Uno di quelli che da una forte carica e che alla fine non ti vuole far uscire dal campo. Loro sono giocatrici molto fisiche e la ragazza che ha giocato quaterback era un osso duro, come le sue compagne, ma abbiamo dimostrato di non essere da meno. Alla fine sono riuscite a mettere a segno un TD, ma vincere non era l’obbiettivo della partita. È stata una grandiosa giornata di football dove ci siamo divertite tutte, dove abbiamo avuto, per la prima volta, la possibilità di giocare a 9, facendo anche un ulteriore passo avanti nel football femminile in Italia e ricevendo i complimenti dei loro coach. Insomma abbiamo portato a casa un ricco bottino. Grazie a chi ha voluto regalarci questa esperienza, ai nostri coach, alle Danube Dragons e a chi ha condiviso il campo con me.
Vi svelo un retroscena. Federica, nel Rosebowl, la finale femminile dello scorso anno, era convinta che Eleonora si chiamasse Beatrice. Prima dell’intervista post partita le ha perfino chiesto se era sicura del suo nome. Da quel momento Eleonora è parte dei nostri ricordi e dei nostri sorrisi legati a quei giorni. Grazie Eleonora.

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Marta Rossmann – Sirene/One Team
Agosto: mese di vacanza e relax per tutti e normalmente anche per me.
Quest’anno però, mi sono concessa una deroga. Felice e con orgoglio ho preso parte a quello che possiamo considerare un evento storico per il football italiano in rosa: la prima amichevole internazionale tra club.
Quando ho sentito parlare dell’organizzazione di questa partita contro le Danube Dragons, subito mi sono entusiasmata: non vedevo l’ora di poter giocare contro una squadra austriaca, esperta e ben organizzata e per giunta abituata a giocare con nove giocatrici, mentre noi disputiamo il nostro campionato con sette elementi in campo. Immaginate la mia emozioni quando mi hanno informata che l’invito a partecipare sarebbe stato esteso a tutte le squadre femminili italiane. Mi sono sembrati gli ingredienti perfetti per una grandiosa festa del football.
Prima della partita vi confesso che avevo qualche timore. Le nostre avversarie sembravano fisicamente più preparate, tecnicamente abituate a giocare a nove, insomma avevano sicuramente qualche vantaggio. Nel football americano conta molto la sincronia e l’abitudine a giocare insieme, il nostro gruppo contava giocatrici che si conoscevano poco, tempo limitato per provare gli schemi. C’era però nell’aria quel sentimento comune, quell’idea che avremmo dovuto pensare soprattutto a divertirci. Divertiamoci!.
Così è stato, affrontati i timori iniziali e indossato casco e paraspalle questa partita è stata puro divertimento.
Mi sono accorta subito che le ragazze che avevamo di fronte non fossero distanti dal nostro livello di football, nonostante fossero sicuramente più organizzate ed esperte.
Caldo e nove giocatori in campo. Difesa mostruosa che ha concesso pochissimo, il nostro attacco con un po’ meno di sfortuna e d’infortuni forse avrebbe anche potuto ribaltare la partita e mettere i punti sul tabellone.
Si dice spesso che in questi casi il risultato non conta, in questa occasione conta davvero poco. Abbiamo segnato una tappa importante per la crescita del movimento femminile.
Un fondamentale traguardo raggiunto, un momento per rafforzare quel senso di appartenenza alla “grande famiglia” del football, questa volta internazionale.
Grazie al coaching staff del One Team, alle ragazze che hanno condiviso il campo con me, avete resto possibile tutto questo.

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Per le foto si ringrazia Shot36, Irena Leite ed Emanuele Appio.

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