Football Americano Femminile

Federica. Football.

buffa

Solitamente mi astengo dal commentare il pensiero degli sciocchi, degli analfabeti funzionali, dei saccenti, di quelli che ti dicono, “non hai capito” e di tutta quella variopinta moltitudine interessata ad ascoltare solo: “ma si hai ragione”.
Prendo spunto però da una di queste minchiate colossali che mi è capitato di ascoltare di recente, per scrivere un po’.
Iniziando da una immagine, quella di questa copertina.
Quando guardo questa foto, mi tornano alla mente una serie di aggettivi, nessuno dei quali è un complimento, eppure nessuno di quelli è “Buffa”.
Potrei riuscire a parlare e scrivere per diversi minuti, popolando le frasi di soli aggettivi riguardo alle donne che giocano a football americano, nessuno di questi è un complimento eppure ancora una volta nessuno è “buffo”, per uno strano collegamento involontario cervello-mano avevo scritto “puffo”, pensate un po’, se posso essere generoso nei confronti delle donne del football americano italiano.
Ha gli occhi bassi, cammina guardando il terreno, come se avesse sbagliato qualcosa, in quel modo tutto suo di cercare l’attimo appena passato.
Non è un gran giocatore Federica, nel senso letterale del termine.
Centocinquantasette centimetri e due mele o poco più.
L’ultima volta che si è pesata abbiamo usato una bilancia pediatrica.
Nemmeno quella volta mi sono trovato a pensare: “che buffa”.
La guardo giocare e penso sempre che ci sia un “gran giocatore imprigionato in un corpo troppo piccolo, anzi troppo stretto”.
Sul suo casco ho incollato la frase di Mark Twain: “It’s not the size of the dog in the fight, it’s the size of the fight in the dog.”
Questo non è solo il mio pensiero, chiedete a chi l’ha vista giocare, a chi l’ha allenata o affrontata.
Non l’avrei mai voluta affrontare in campo, è uno di quei giocatori che non molla mai un centimetro, è sempre al 100 per 100, non ti lascia respirare. Fastidiosa nell’incapacità di deconcentrarsi, di uscire dalla partita.
Per batterlo il tuo avversario, deve concederti uno spazio, un momento di debolezza e lei non lo fa.
Quello che vuoi devi andartelo a prendere e non importa quanto si riesca a colpirla forte, te la ritrovi davanti dopo pochi secondi.
Se l’osservi giocare, ti accorgi che la muove quella incrollabile fiducia nei suoi mezzi, quell’incredibile forza che le fa pensare che può farlo, nonostante quello che gli altri dicono, nonostante il suo fisico minuto.
Dura come un chiodo, di quelli che quando li picchi nel muro l’attraversano completamente e poi non riesci più a tirarlo fuori da li.
Non è nemmeno femminile praticare uno sport di contatto.
Davvero?
Seriously?
Ronda Rousey, la ex detentrice del titolo mondiale dei pesi gallo MMA è infatti così poco femminile da essere comparsa sulla copertina di Sports Illustrated, nel suo famosissimo numero dedicato ai costumi da bagno. Edizione questa considerata un’icona della bellezza internazionale.
Ciao. Ci rivediamo quando t’è passato almeno l’analfabetismo funzionale.
Dimenticavo, Federica è scarsa, la sua squadra non vince una partita da due anni.
DUE ANNI.
Io, già quello che odia perdere anche a pari e dispari, che si vive una sconfitta come un affronto personale. Già proprio io, sono sceso in campo al termine di ogni partita e l’ho abbracciata fortissimo, anche un po’ Giorgia, come se avesse vinto.
Perché se lasci tutto in campo, se porti via da li sono lividi e lacrime, hai vinto.
Cazzo se hai vinto, è solo finito il tempo.

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