Calcio

In the green grass 6

Qualcuno mugugna nello spogliatoio, il ragazzo di Liverpool, quello con cui tutti i tifosi si identificano è il primo a parlarti, apertamente del suo disagio. Steven Gerrard era abituato ad essere il faro di questa squadra, inizia con le parole “il mister Benitez…”. Non gli dai il tempo di finire la frase. Esplodi, in un torrente irrefrenabile di parole. Lo spingi verso il muro, gli ricordi che c’è sempre un’altra maglia da indossare se non è disposto a giocare per te, a morire per te ogni maledetta giornata di campionato. Quando indossa quella maglia, gioca per una intera città e gioca per te non per quel cazzo di spagnolo di merda.
Ricominciate a vincere, quindici risultati utili consecutivi fino a Febbraio quando alla fine del girone di andata, perdete 1-0 contro l’Arsenal. Il vantaggio sulla seconda in classifica è ridotto a quattro punti, siete nei quarti di Europa League e di FA Cup. Atletico Madrid e Everton le tue prossime avversarie delle notti di coppa. Fernando Torres ha segnato fino ad ora 20 gol in 32 partite, Luis Suarez è a quota 11, senza contare gli assist che la tua coppia di esterni offensivi ha messo a disposizione del miglior attaccante che tu abbiamo mai visto. I giornali esplodono con i loro titoli a tutta pagina, vi considerano i favoriti per il titolo, nel tuo cuore e nello stomaco tu sai che non è possibile, questi non sono ancora i tuoi ragazzi, non hanno la fibra dei guerrieri, non è ancora la tua squadra.
Andata dei Quarti di Finale, Europa League.
Battete 2-1 l’Atletico Madrid, concedete nel finale un gol facile facile ai colchoneros. Maledetti spagnoli, mai domi. Massacri la tua squadra negli spogliatoi, non tolleri una tale mancanza di rispetto, per il club, per i colori che indossano e per i quarantamila spettatori sugli spalti. Quel gol potrebbe costarvi la qualificazione. Lo scoprirete tra una settimana, al Vincente Calderon. Vi accoglie una atmosfera da corrida, loro partono forte e vi pressano, non vi lasciano respirare. Urli indicazioni, richiami l’attenzione sui movimenti e sugli spazi. Imprechi quando Forlan prende la palla al limite della vostra area e salta come un birillo Lucas e calcia all’incrocio dei pali, maledici il tuo portiere e il tuo centrocampista, non giocheranno mai più per te.
Il gruppo accusa il colpo, tornano a galla le fragilità che avevi riscontrato al tuo arrivo. In sala stampa ti mostri fiducioso, siete ancora in lotta su due fronti. Solo, nel tuo ufficio, consulti il calendario, dov’è scritto che non diventerete campioni d’Inghilterra. Nelle ultime 5 partite di questa dannata stagione affronterete Chelsea, Arsenal e Manchester United, nel mezzo avete anche la finale di FA Cup ancora contro l’Arsenal. Un passo falso, un solo errore e vi azzanneranno, sbranati vivi. Forse trasmetti i tuoi timori alla squadra, oppure semplicemente non siete abbastanza bravi. Perdete di misura a Stamford Bridge, una battaglia. Sul campo rimangono Martin Skertel e Steven Gerrard. Nel turno successivo, non vi riesce nulla e cedete di schianto contro i Gunners, 2-0. Wenger ha un sorriso che deve essergli costato migliaia di euro, ti stringe la mano con vigore. Sorpasso. Siete in ginocchio, ad un settimana dalla finale di Wembley. Maledetta Londra. Disegni la squadra per la finale. Cole a rimpiazzare Menez, Babacar unica punta e Marco Parolo in cabina di regia, solo i tuoi ragazzi possono salvarti, salvare te per salvare loro. Nessuno parla nel tragitto verso lo stadio, nessun libro, niente musica sparata nelle orecchie. Gli occhi puntati verso la meta. I giocatori iniziano a cambiarsi, il rumore dei tacchetti sul pavimento riempie la stanza. Un tuo cenno e le luci si spengono.

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